Carlo Ravaioli - Bottega Gollini

Carlo Ravaioli

Carlo Ravaioli nasce in casa da una famiglia di mezzadri, a Coccolia, il 12 febbraio 1954, dove abiterà fino all’età di ventisei anni.
Il paese è sul confine tra le province di Forlì e Ravenna, nella bassa pianura romagnola tra le colline e l’adriatico. È una campagna fertile e piatta: coltivata a frutta, grano, barbabietole da zucchero a seconda delle richieste del tempo. Gli inverni sono rigidi e nebbiosi, le estati afose. A fianco delle abitazioni dei contadini si trovano le stalle e le buche del letame. E poi le grandi vasche di cemento per il macero della canapa, dove i ragazzi vanno a bagnarsi col caldo.
Nella casa dei Ravaioli abitano le famiglie di tre fratelli, che si riuniscono per i pasti nella cucina del pianterreno e si spartiscono le camere e il lavoro dei campi e degli animali.
Di gracile costituzione e soggetto ad una rigida educazione cattolica, Carlo trascorre gran parte dell’infanzia insieme ai cugini che abitano nella stessa casa.
Nei mesi estivi il territorio dei giochi è esteso quanto la terra in affitto al padre e agli zii, dove gli è permesso muoversi liberamente. Sono dodici ettari delimitati da tre corsi d’acqua, rispettivamente il fiume Ronco e due canali d’irrigazione. Dentro questo grande triangolo i bambini possono correre, giocare, esplorare, arrampicarsi sugli alberi. Nei mesi invernali gli unici passatempi sono invece il camino e la televisione all’oratorio.
Carlo però comincia sin da piccolo a dimostrare interesse e abilità per il disegno, e più in generale per piccole attività manuali. Modella la creta, riproduce sulla carta gli elementi più evidenti del paesaggio attorno: il casolare, gli alberi, il fiume, intaglia piccoli pezzi di legno. A sei anni fa il suo primo quadro a olio.
Più tardi si procura i pezzi e costruisce una radio; col tempo la sua camera, divisa dal corridoio solo da una pesante tenda, diventa un piccolo laboratorio.
I genitori vorrebbero farne un professionista, dottore o al limite avvocato; di scuole artistiche neanche a parlarne. Così, dopo le medie, Carlo frequenta il liceo scientifico. È ormai un ragazzo, magro e introverso, con la passione delle arti figurative.
La sua predilezione si indirizza verso i surrealisti, in particolar modo Salvador Dalì, e allo stesso tempo prende a interessarsi di esoterismo e divora libri di alchimia.
Non è un periodo facile, non lega con i compagni, tende a chiudersi. Si manifestano tra l’altro i primi sintomi di una cefalea che lo costringerà anni dopo a due successivi ricoveri in una struttura specializzata presso l’ospedale di Borgo San Lorenzo.
Dopo il diploma, mediando tra le proprie inclinazioni e i desideri della famiglia, si iscrive alla facoltà di architettura e si trasferisce a Firenze.
Qualcosa però non funziona, Carlo frequenta poco i corsi ed è in ritardo con gli esami. Passa il tempo nei musei e passeggiando per la città. Inizia invece a fotografare, una pratica che lo accompagnerà per più di un ventennio.
È in questi anni che la cefalea si aggrava. Durante le crisi, che si manifestano a intervalli regolari nell’arco della giornata, deve rimanere al buio. In occasione degli attacchi più acuti è soggetto a svenimenti. Dopo i ricoveri Ravaioli lascia l’università e torna a Coccolia.
Il ’76 è un anno vuoto, ma la salute migliora.
Non ha abbandonato però la passione per la pittura e quando viene a conoscenza dei corsi di disegno anatomico che si tengono presso l’ospedale Rizzoli di Bologna decide di provarci.
Il corso è biennale e finalmente Ravaioli sembra trovare un ambiente favorevole alle sue inclinazioni. Di fatto rimarrà anche la sua unica esperienza di studi specifici. Si distingue quasi subito e una sua illustrazione ottiene il primo premio in un concorso di settore, per essere poi utilizzata in testi didattici e campagne di comunicazione: è il riconoscimento che gli consente di acquisire fiducia nelle proprie possibilità.
Durante gli anni del corso si dedica anche al fumetto, sceneggia e realizza strisce a carattere prevalentemente erotico per le testate in voga al tempo.
Nel ’79 si è completamente ristabilito, ha ottenuto il diploma di illustratore anatomico ed è impiegato presso uno studio di grafica e disegno tecnico a Ravenna.
Qui Ravaioli si occupa della riproduzione di manifesti del periodo liberty. Per questa via incontra il decorativismo di Klimt, da cui è molto impressionato e la cui influenza si riconoscerà facilmente nelle prove da pittore del periodo seguente.
L’anno successivo la famiglia si trasferisce a Villafranca nella casa ereditata dalla madre. Non è più il vecchio casolare sulla sponda del fiume, ma il paesaggio è ancora quello della campagna. A pochi chilometri da Coccolia il mare è più lontano e le colline si alzano appena dietro il confine ideale della via Emilia.
Qui Carlo decide di continuare l’attività di grafico in proprio, associandovi una sempre più intensa attività fotografica. Ora dipinge con continuità, coniugando tecniche ereditate dal fumetto, come le frasi inserite a fianco della figura o lungo il perimetro del quadro, con altre derivate da Klimt, come l’uso dell’oro, le bordature, certe modalità di composizione delle figure.
I riconoscimenti per le sue attività diventano più frequenti. Come grafico acquisisce clienti e viene chiamato a collaborare con diverse agenzie pubblicitarie. Come fotografo è richiesto nei circoli della regione per la particolarità dei suoi lavori. I suoi quadri vengono esposti nelle collettive e riceve apprezzamenti.
Un aspetto è comune a tutte le sue attività: un approccio molto attento agli aspetti tecnici del lavoro, ai nuovi supporti tecnologici disponibili e allo stesso tempo un ostinato mantenimento o addirittura un recupero delle operazioni più minutamente manuali.
Così si appropria rapidamente della computer grafica (come più tardi abbozzerà i quadri sulla tavoletta grafica), mentre continua a prepararsi i colori impastando terre ed ossidi.
Gli anni ottanta segnano anche un confronto più serrato con i maestri. Ravaioli frequenta mostre ed esposizioni, osserva, comincia un profondo esame del proprio lavoro.
In occasione di un periodo di dubbi e insofferenza rispetto ai quadri precedenti, la sua attenzione si ferma su Amedeo Modigliani. Ne spia le opere, gli dedica quadri che sono un diretto tributo, e parte da lui per pensare una nuova pittura. In effetti per alcuni anni l’influenza di Modigliani rimarrà percepibile nella rappresentazione delle figure. Ma è solo un punto di partenza.
Dopo il trasferimento dell’attività di grafico a Forlì nel ‘94, Carlo Ravaioli si allontana dalla fotografia e occupa sempre più tempo a dipingere. Studia il novecento italiano, Casorati, Carrà, Saetti, le atmosfere stranianti di De Chirico.
Poi intraprende una strada decisamente personale. Mette a fuoco le tematiche a lui più care e percorre sentieri che si preoccupa di definire in anticipo, meditandoli con attenzione.
Affina la distanza dall’oggetto del suo lavoro fino ad ottenere la misura esatta per la rappresentazione che lo interessa, la sua originale misura.
Ormai la pittura è diventata il suo principale interesse.
Nel ’96 limita a mezza giornata l’attività di grafico pubblicitario per dedicarvisi più intensamente.
Nel 98 viene allestita la sua prima personale, nell’oratorio di S. Sebastiano, a Forlì.
È l’atto di nascita del Ravaioli pittore che oggi conosciamo.

Opere uniche di Carlo Ravaioli